giovedì 29 dicembre 2011

Il "Grande fratello" chiude? Falso allarme...

Sbirciando in Rete, ho letto oggi parecchi commenti, e anche autentiche grida di giubilo, a proposito della presunta chiusura anticipata del Grande fratello, a causa dei bassi ascolti che sta facendo registrare il reality di Canale 5. «Da indiscusso campione di ascolti, la casa di Cinecittà si è trasformata all’improvviso nella meno spiata dagli italiani, tanto che la sua chiusura potrebbe essere anticipata a marzo», si legge su Vero Tv. Ebbene, a me questo sembra davvero un falso allarme. Perché in conferenza stampa era stato effettivamente detto che questa sarebbe stata un'edizione molto lunga, ma non è forse lunga un'edizione che comincia a fine ottobre e termina a metà marzo? D'accordo, quella dello scorso anno si concluse il 18 aprile, dopo sei mesi esatti, ma la precedente durò quattro mesi e mezzo, proprio come quella in corso, sempre che le indiscrezioni siano confermate: non si tratta quindi di una chiusura anticipata, ma semplicemente di un ridimensionamento. I (molti) detrattori non cantino dunque vittoria: nonostante ascolti in caduta libera - rispetto allo scorso anno ha perso oltre 1.600.000 spettatori, passando da quasi cinque milioni e mezzo a poco più di 3.800.000, e oltre 5 punti di share - almeno per il momento la direzione della rete ammiraglia Mediaset non sembra avere la minima intenzione di togliere dal palinsesto il programma. E per il futuro? Seguiremo - in ritardo - l'esempio della Gran Bretagna, dove il Big Brother ha chiuso alla fine della decima edizione perché non lo seguiva più nessuno? Chi vivrà, vedrà. O, magari, non vedrà.

sabato 24 dicembre 2011

...e siamo arrivati a Natale

Ebbene sì, ci siamo: domani è Natale. Nelle ultime due settimane ho avuto talmente tanti impegni di lavoro, che la Vigilia è arrivata senza quasi che me ne accorgessi. Per fortuna i regali li faccio sempre con largo anticipo, altrimenti mi sarei ridotta a passare la mattinata di oggi girando freneticamente per negozi. O magari mi sarei rinchiusa anch'io in una libreria, come fanno in molti, per comprare libri a tutti. No, a pensarci bene, io questa cosa non riuscirei mai a farla, perché a me piace scegliere i regali con tranquillità, pensando ai destinatari, soprattutto se si tratta di libri. Insomma, a chi legge solo thriller non si può regalare l'ultimo romanzo della Kinsella, così come un appassionato di letture leggere e poco impegnative difficilmente apprezzerà qualcosa come "L'eleganza del riccio". Come ha scritto giustamente Antonio sul suo blog U.N.Owen's Island (http://antonioschiena.wordpress.com), la gente invece si fa di solito condizionare dall'ultimo successo editoriale, dalla notorietà dell'autore o dalle critiche lette sui giornali, senza domandarsi se quel determinato libro possa piacere oppure no alla persona che dovrebbe riceverlo. Con il risultato che i volumi finiscono spesso per riempirsi di polvere sugli scaffali, senza mai essere stati aperti. E pensare che un buon libro, o meglio un libro azzeccato, è uno dei regali più belli che si possa ricevere. Siete d'accordo? Un abbraccio a tutti e i miei migliori auguri di buon Natale!

martedì 6 dicembre 2011

Fiorello e le assurde polemiche sul profilattico

Invece di commentare gli ascolti grandiosi de #ilpiùgrandespettacolodopoilweekend, nel corso della giornata odierna si è scatenata una feroce polemica sulla canzone di Benigni e, soprattutto, sulla gag del profilattico, come se il preservativo fosse il male assoluto: il sito web di Famiglia Cristiana ha scritto che Fiorello «straparla» e ha bollato come di «cattivo gusto» le due trovate, l'Aiart, vale a dire l'associazione dei telespettatori cattolici, si è domandata «perchè dover tornare a sventolare l'argomento del profilattico, quando bisognerebbe cominciare a parlare anche di una sessualità più responsabile» e il Moige, il movimento genitori, ha parlato di «caduta di stile» e «informazione scientificamente parziale e quindi inesatta sulla protezione dei condom». Fiorello si è limitato a rispondere, su Twitter, «non ho parole». E anche io non ho parole. Perché si parla tanto di prevenzione dell'Aids e poi si devono sentire commenti stupidi come questi, fatti da gente che non vuole guardare in faccia la realtà. Perché la realtà è che i giovani e giovanissimi lo fanno, il sesso, e certo è più efficace un messaggio come quello di Fiorello, che le tante prediche e gli inviti di queste persone alla "sessualità responsabile". Come ha dichiarato Rosaria Iardino, presidente di Nps-Network Persone Sieropositive e responsabile salute Equality Italia, le parole degli artisti, e a maggior ragione quelle di uno showman che ha un seguito enorme, «valgono ben più di centinaia di campagne d'informazione di prevenzione all'Aids e alle malattie sessualmente trasmissibili». Anche perché arriva ai giovani, i soggetti più a rischio, in maniera diretta e leggera, quindi più efficace di tanti sermoni che non si sognerebbero nemmeno di stare a sentire. Meditate, gente, meditate.

Fiorello, il profilattico e Benigni

Niente da fare: Fiorello non si è convinto a fare una o due puntate in più, come aveva ipotizzato in conferenza stampa se gli ascolti fossero stati buoni, e ieri sera si è concluso #ilpiùgrandespettacolodopoilweekend
È calato così il sipario sull'unico grande varietà che si sia visto negli ultimi tempi, capace di intrattenere e divertire fino a tredici milioni di spettatori (ieri 13.401.000, pari al 50,2% di share).
La serata finale è stata insuperabile, piena di ospiti - Jovanotti, Roberto Bolle, Benigni, Malika Ayane, Pippo Baudo, Gegè Telesforo - e di spunti fantastici. Primo fra tutti il capitolo preservativo. «Hanno detto che in Rai non si poteva dire la parola "profilattico"», ha esordito spiattellando in faccia al direttore di Raiuno, Mauro Mazza, quel vocabolo che una circolare interna Rai avrebbero proibito di usare perfino in occasione della giornata mondiale della lotta all'Aids. E giù un monologo straordinario sul preservativo, ribattezzato "salva la vita Pischelli", invitando appunto i "pischelli" - gli adolescenti che prende in giro nelle sue gag - a usarlo per evitare qualsiasi contagio. «Dicono che con questa cosa qua di lattice, facile facile, non si prendono le malattie, addirittura non si prende l'Aids: ma allora altro che non si può dire in Rai, secondo me al posto del cavallo di viale Mazzini ci vorrebbe una scatola enorme, un profilatticone!», ha esordito, «ora 'sto coso qua che colpa ne ha se si chiama profilattico, è brutto come nome - profilattico, preservativo, condom, impermeabile, copricarota, insomma ne ha di tutti i tipi - ma allora io che dovrei dire, io mi chiamo Tindaro di secondo nome, lui si chiama profilattico. Lo volete chiamare Tindaro? Chiamatelo come vi pare, l'importante è che lo usiate, eh?!?». E così, con una leggerezza straordinaria, Fiorello ha fatto molto più per la prevenzione di quanto può aver fatto l'intera tv pubblica. Come sempre è stato esilarante il monologo sui pischelli, stavolta incentrato sulle feste in casa dei tredicenni, quello sulle canzoni napoletane e le gag con Jovanotti, in una delle quali, simulando un colpo di arma da fuoco, ha rispolverato il tormentone "Beppe Beppe Beppe" della scorsa puntata (a proposito, il fratello era presente anche stavolta ma dietro le quinte: davvero un gran bell'esempio di amore fraterno, quello che lega i due campioni d'ascolti di casa Fiorello).
Ora mi attirerò sicuramente una valanga di critiche, ma secondo me il momento peggiore di tutto lo show è stato l'intervento di Benigni. Per la precisione, la parte finale di quella mezz'ora in cui è stato sul palco. Ero sicura che nel suo monologo avrebbe pronunciato un migliaio di volte la parola Berlusconi e così è stato, con una satira politica rivolta quasi tutta al passato piuttosto che al presente (mentre Fiorello era stato sulla notizia, ironizzando sul governo Monti e sulle lacrime della Fornero), ma su questo niente da dire, è stato anche divertente. "L'inno del corpo sciolto", invece, poteva anche risparmiarsela. Non entro nel merito della canzone, ci sarà anche chi gradisce un brano che recita "evviva i cessi, sian benedetti", "ci si pulisce il culo dopo aver cacato" e "viva la merda e la voglia di cacare", ma non credo che #ilpiùgrandespettacolodopoilweekend fosse la sede più adatta per quell'esibizione, perché Fiorello per quattro puntate ha fatto ridere e sorridere senza mai essere volgare, mentre quel pezzo era volgare dall'inizio alla fine. Non prendetemi per puritana: in un programma come il Resto umile world show di Checco Zalone, che ha fatto del linguaggio sboccato uno dei suoi punti di forza, un testo del genere non avrebbe stonato, lì invece strideva in maniera impressionante con tutto il resto. E se la curva dell'Auditel in quel momento è salita, arrivando a toccare il 60% di share, quella del Qualitel è sicuramente precipitata. Per come la vedo io - ma è un parere assolutamente personale - Benigni non ha aggiunto niente allo spettacolo e Fiorello ha dimostrato di non avere davvero nulla da invidiargli. Anzi, casomai è il contrario. Perché, come dice Beppe Fiorello, "è facile far ridere con le parolacce, mentre Rosario ci riesce senza essere volgare". Peccato soltanto che ora passera chissà quanto tempo, prima che si faccia rivedere in tv.

sabato 3 dicembre 2011

Checco Zalone vs Fiorello

Oggi in Rete i blog specializzati e i quotidiani online non facevano che contrapporre gli ascolti ottenuti dal Resto Umile World Show di Checco Zalone, che ieri su Canale 5 è stato seguito da 5.600.000 persone - pari al 22,4% di share - a quelli fatti registrare da #ilpiùgrandespettacolodopoilweekend di Fiorello, arrivato a conquistare lunedì scorso il 43% della platea televisiva (e figuriamoci quanto farà domani, con Benigni super ospite...). Beh, io credo che non sia corretto fare questo tipo di confronto, semplicemenete perché tra i due non c'è paragone. Intendiamoci, a me il personaggio del cantante neomelodico tamarro e delinquentello inventato da Luca Medici diverte anche, trovo esilaranti parodie come quelle di Nichi Vendola, Giovanni Allevi o Renzo Bossi, però è un dato di fatto che Medici/Zalone è un comico e basta, uno che sul palco punta solo a scatenare l'ilarità di chi lo guarda, mentre Fiorello è uno showman completo, capace di intrattenere il pubblico con monologhi, sketch, parodie, imitazioni, canzoni e perfino balletti, cercando - e trovando - più il sorriso che la crassa risata. Già questo basterebbe a fare la differenza tra i due. Se poi prendiamo in esame il loro stile e i contenuti dei loro spettacoli, allora il divario diventa immenso: perché la comicità di Fiorello è leggera, elegante e adatta veramente a tutti, dal bambino all'anziano, non scadendo mai nella volgarità (qualche parolaccia qua e là non lo rende certo volgare), mentre Zalone è sboccato, ha il chiodo fisso del sesso ed ostenta maschilismo ed omofobia, quindi piace ai giovani, ma sicuramente non incontra il gusto degli spettatori un po' più in là con gli anni.
Evitiamo allora paragoni sterili e privi di fondamento: Resto Umile World Show e #ilpiùgrandespettacolodopoilweekend sono due cose totalmente diverse e non potrebbero mai essere l'uno l'alternativa dell'altro. E invece di dire che il primo non ha raccolto nemmeno la metà degli spettatori del secondo, bisognerebbe fare i complimenti a Luca Medici per essere riuscito comunque a convincere, con le sue trovate irriverenti e anche ciniche, oltre cinque milioni e mezzo di persone, che in tempi di magra come questo non sono affatto pochi.

venerdì 2 dicembre 2011

Il vizietto, al Sistina la "gabbia di matti" capitanata da Ghini e Bocci

Ricordate il film Il vizietto, con Ugo Tognazzi e Michel Serrault nei panni rispettivamente di Renato e Albin, due omosessuali ancora innamorati l'uno dell'altro dopo venti anni di convivenza, che devono fare i conti con la loro diversità quando Laurent, che hanno cresciuto come un figlio, dice loro di vergognarsi a presentarli come i propri genitori alla famiglia della fidanzata? Quel film era tratto da una commedia teatrale del 1973 di Jean Poiret, La cage aux folles, che ha poi ispirato anche il musical omonimo del 1983 musicato da Jerry Herman, baciato dal successo sia a Broadway che a Londra. Massimo Romeo Piparo ha preso il testo dell'adattamento cinematografico, le canzoni del musical e ha portato in scena Il vizietto - La cage aux folles, al Sistina di Roma fino al 18 dicembre e poi in tournée fino ad aprile, con Cesare Bocci/Renato, Massimo Ghini/Albin e un gruppo di ballerini uomini - sei dei quali drag queen anche nella vita - che interpretano le soubrette dell'eccentrico locale di Saint Tropez gestito dai due protagonisti (il cui nome gioca sul doppio significato di "folles", che in francese è il femminile di "pazzi" ma sta anche ad indicare gli omosessuali effeminati). Tutto molto bello, Ghini credibilissimo e molto divertente nei panni del travestito esageratamente sopra le righe, Bocci altrettanto bravo, fantastici i ballerini e il soprano - uomo - capace di toccare note altissime e assolutamente esilarante il personaggio del maggiordomo, interpretato dal ballerino e coreografo Russell Russell. Meritano un applauso anche i costumi, tutti molto sfavillanti, le coreografie e le scenografie, che contribuiscono a rendere godibile lo spettacolo. Quello che invece mi ha deluso - ma è un parere personale, sia chiaro - è la parte musicale: stavolta non per i testi, che pure di solito sono la nota dolente degli adattamenti italiani, ma proprio per le musiche, secondo me poco orecchiabili, poco riconoscibili, poco accattivanti (l'unico brano famoso è "I am what I am", portato al successo da Gloria Gaynor nella versione dance, che però viene cantato solo nel finale). Al posto di Piparo, insomma, avrei scelto di portare in scena la commedia originale, più che il musical, oppure il testo del film. Perché un musical dove i motivetti non ti restano in testa, anche se è ben confezionato e ben recitato come questo, come fa a conquistarti?