martedì 29 novembre 2011

Sanremo sì, Sanremo no

Ancora una volta il Festival di Sanremo è in forse. È ormai qualche anno che la kermesse musicale rischia di saltare, perché la convenzione con la città dei fiori arriva quasi in extremis, e anche per l'edizione 2012 si è riproposto il problema: Gianni Morandi e Gianmarco Mazzi stanno lavorando - nonostante i contratti non siano ancora stati firmati, apprendiamo dalla voce del direttore dell'area intrattenimento della Rai, Giancarlo Leone - ma non c'è ancora niente di sicuro. E allora la domanda nasce spontanea, come direbbe Lubrano: ha ancora senso il Festival di Sanremo? Considerando che la maggior parte dei big della musica - con poche eccezioni, come Vecchioni lo scorso anno - non ci pensa proprio a salire sul palco dell'Ariston e che in gara ritroviamo quindi sempre i soliti nomi, quei cantanti che sembrano venir scongelati per l'occasione (salvo poi essere rimessi nel freezer per altri dodici mesi), quello che un tempo era il prestigioso "Festival della canzone italiana", un appuntamento atteso tutto l'anno, sembra ormai essersi ridotto a cassa di risonanza per i giovani lanciati dai talent show della tv, i più votati dai telespettatori - anche perché il loro pubblico abituale ha dimestichezza con il televoto - e quindi destinati a piazzarsi sempre ai primissimi posti, come insegnano le vittorie di Marco Carta nel 2009 e Valerio Scanu nel 2010 e il secondo piazzamento di Emma nel 2011. Non a caso, anche per la prossima edizione si fanno i nomi di Marco Mengoni, Noemi e Annalisa Scarrone, ma anche Loredana Errore, Virginio Simonelli, Carta e Scanu. Non sarebbe allora meglio voltare pagina e fare qualcosa di diverso, più adatto ai giovani che seguono questo tipo di cantanti, tipo il vecchio caro Festivalbar?

giovedì 24 novembre 2011

Le due facce di Beppe Fiorello

Sarà una settimana all'insegna dei fratelli Fiorello, la prossima. Se infatti Rosario si prepara lunedì ad un altro strepitoso successo, martedì e mercoledì sarà Beppe a regalare al pubblico di Raiuno una nuova emozionante storia delle sue, toccando le corde dei sentimenti in Sarò sempre tuo padre, miniserie sulla difficile condizione di quegli uomini che, dopo la separazione, devono fare i conti con i problemi economici e con l'impossibilità di stare con i figli quando lo desiderano. «Ci tenevo molto a questo tema», ha spiegato l'attore in conferenza stampa, «sappiamo che ci sono donne meravigliose abbandonate e donne che lasciano i mariti in maniera spietata: non potevamo raccontare tutto e abbiamo deciso di scegliere il punto di vista dei padri, perché conosco uomini che non riescono più a vedere i loro figli e che piangono per questo».
Un Beppe Fiorello molto intenso, quello che vedremo il 29 e 30 novembre, ma il giorno prima ne vedremo un altro. La sera precedente sarà infatti ospite del fratello nella terza puntata dello show #ilpiùgrandespettacolodopoilweekend e lì sarà invece divertente, allegro, spiritoso. Mostrerà insomma l'altra sua faccia, quella che nelle fiction e nei film non viene mai messa in luce. Già, perché non lo chiamano mai per interpretare un ruolo brillante? Eppure sarebbe perfettamente in grado di farlo. «Proprio questo martedì, il giorno in cui va in onda Sarò sempre tuo padre, inizierò a girare il film di Ferzan Ozpetek, che è una commedia», ha risposto pieno di entusiasmo. E sarebbe ancora più entusiasta se Terraferma, la pellicola di Emanuele Crialese in corsa per gli Oscar, dovesse aggiudicarsi la prestigiosa statuetta come miglior film straniero: «se vincesse sarei un uomo felice e un attore soddisfatto di aver fatto finalmente un film di alta qualità», ha commentato, «...e farei ancora più tv!».
Ma la conferenza stampa della miniserie è stata anche un'occasione per sentirlo parlare del fratello Rosario e del successo strepitoso che sta riscuotendo sulla rete ammiraglia Rai. «Più salgono gli ascolti e più cresce l'ansia, ma ormai ha rotto il ghiaccio e ne farebbe anche 20, di puntate. Però quando dal divano di casa ho visto la sua entrata, nella prima puntata, sapevo perfettamente che stava impazzendo: quando ha fatto la battuta a Cremonesi, "Va bene, grazie a tutti, ci vediamo lunedì prossimo", era veramente il suo desiderio andarsene via, perché teme l'attesa, l'aspettativa, che è sempre troppa. Anche io ho l'ansia da prestazione, ma io ho la possibilità di nascondermi dietro una maschera, quella del personaggio che interpreto, lui invece è nudo, dove si nasconde? Ma poi ha capito che bisogna essere se stessi, per superare se stessi. Hanno detto che non ha innovato niente, ma la vera innovazione è la sua semplicità: lui fa ridere senza mai essere volgare ed è talmente rétro, che è modernissimo». Come dargli torto?

martedì 22 novembre 2011

Fiorello talent scout: il fenomeno Mimmo Foresta

Oggi non si parla che di lui: dopo l'esibizione di ieri sera nella seconda puntata dello show #ilpiùgrandespettacolodopoilweekend, tutti vogliono sapere chi sia Mimmo Foresta, l'imitatore specializzato nel rifare le voci di Anna Oxa, Laura Pausini, Gianna Nannini, che Fiorello ha detto di aver visto per caso a Pomeriggio Cinque.
Su internet qualche informazione si trova: è di Nola, in provincia di Napoli, ha 35 anni, e canta fin da quando era bambino. Per saperne di più, bisogna chiedere direttamente a lui. «La passione per il canto me l'ha inculcata mia madre», mi ha raccontato durante l'intervista che gli ho fatto per Leggo, «quando ho iniziato a cantare avevo 8 anni e mi riusciva difficile fare le voci maschili perché non arrivavo a prendere i bassi e quindi imitavo Marcella Bella, Anna Oxa, Gianna Nannini. Con il tempo ho poi cominciato a fare studi sulla mia voce, sperimentando una tecnica per modulare le corde vocali». Studi da autodidatta, però, perché «la mia vita è stata dura, ho perso mio padre quando avevo 4 anni e mia madre faceva l'operaia, per un periodo non ha nemmeno potuto lavorare, e quindi per sopravvivere ho dovuto fare varie cose, dal pasticcere all'accompagnatore di un cieco», anche se la sua passione è - oltre il canto - la scultura (realizza statuine di angioletti in argilla). Vincitore quest'anno del Premio Alighiero Noschese, riservato a imitatori e trasformisti, Mimmo è già stato qualche volta in tv (Ciao Darwin, I raccomandati, Cultura moderna), ma le sue apparizioni sembrano essere passate del tutto inosservate. Almeno fino a quando, nel maggio scorso, si è esibito nel talk show pomeridiano della D'Urso, nello spazio dedicato ai "Talenti bislacchi", e Fiorello ne è rimasto folgorato: l'ha voluto conoscere, l'ha fatto salire sul palco del Sistina nel suo spettacolo Buon varietà e ieri se l'è portato anche nel suo nuovo show, il più visto della tv, che durante la performance di Foresta ha sfiorato il 47% di share. Quasi la metà delle persone che in quel momento erano davanti alla tv hanno insomma seguito la sua esibizione. «Mi sembra di vivere una favola, è un'emozione incredibile!», è stato il suo commento, «cercherò sempre di perfezionarmi, pur rimanendo con i piedi per terra: il mio sogno è riuscire a fare una canzone, magari cantata con le mie diverse voci». Beh, che dire? Talento ne ha, fa cose diverse da tutti gli altri imitatori e anche su un palco come quello di Zelig, ad esempio, secondo me non stonerebbe (esaltando l'aspetto comico, ovviamente). Gli auguro davvero di riuscire ad imporsi. E a Fiorello, oltre ai complimenti per gli ascolti strepitosi di ieri, un applauso anche per aver scovato questo personaggio fuori dal comune. Bravo Fiore!

venerdì 18 novembre 2011

Idee "rubate"?

Ieri sera, facendo zapping, mi sono imbattuta in Agente Smart - Casino totale, parodia dei film di James Bond che, avendo per protagonista un agente segreto imbranato, mi ha ricordato tanto "007 made in Italy", un romanzetto che ho scritto nel lontano 1989 per prendere in giro un mio amico che aveva una vera fissazione per il personaggio nato dalla penna di Ian Fleming.
Non è la prima volta che mi capita di vedere in tv qualcosa che potrebbe essere farina del mio sacco. Nel 1987 mi ero messa in testa di girare un film amatoriale con la telecamera di mia sorella e avevo buttato giù la sceneggiatura: i protagonisti erano tutti quelli che frequentavano la mia stessa classe alle superiori, riuniti per una cena "amarcord" quindici anni dopo l'esame di maturità. L'anno dopo è uscito al cinema Compagni di scuola di Verdone... Prima ancora, sarà stata la metà degli anni Ottanta, avevo cominciato un lungo racconto intitolato "Le regine della notte", storia di cinque ragazze che al calare delle tenebre si trasformavano in ladre. Di lì a poco Italia 1 ha cominciato a trasmettere il cartone animato giapponese Occhi di gatto! Che rabbia avere la sensazione che le proprie idee siano ormai bruciate...! :-(
A voi è mai capitato qualcosa di simile?

giovedì 17 novembre 2011

La débacle di Ranieri

Deve essere stato un duro colpo, per la Rai, il responso Auditel della serata di ieri. Con il terzo capitolo della sua tetralogia eduardiana, Questi fantasmi, Massimo Ranieri non solo non è riuscito a replicare il successo ottenuto con i due precedenti, ma con i suoi 3.596.000 spettatori - appena il 13,7% di share - è stato battuto sia da Canale 5, che schierava la settima puntata di Un amore e una vendetta (fiction che finora non aveva esattamente brillato per gli ascolti, oscillando sempre tra il 15% e il 16% di share media), sia da Italia 1, che con Le Iene Show ha quasi subito sorpassato Raiuno.
Cosa sarà successo, stavolta, visto che entrambe le commedie di De Filippo andate in onda finora avevano vinto la serata, Filumena Marturano addirittura con 5.714.000 spettatori e il 20,4% di share, Napoli milionaria con 4.957.000 spettatori e il 19,3%? Sicuramente ha pesato la minore conoscenza di questo testo da parte del grande pubblico, quello che non va a teatro, visto che i film tratti dagli altri due - Matrimonio all'italiana, con Sophia Loren e Marcello Mastroianni, e appunto Napoli Milionaria, con lo stesso Eduardo e Totò - sono stati trasmessi mille volte sul piccolo schermo, mentre la trasposizione cinematografica di questa pièce, pur vantando un cast d'eccezione (Vittorio Gassman, Sophia Loren e Marcello Mastroianni), viene proposta veramente di rado in tv. Ma è chiaro che non può essere questo l'unico motivo della débacle. Osservando le curve Auditel si nota che circa quattro milioni e mezzo di persone avevano cominciato a guardare Questi fantasmi, una platea discreta, ma qualche centinaio si è perso per strada già nella prima mezz'ora e al primo blocco pubblicitario, quaranta minuti dopo, più o meno un milione di spettatori ha cambiato canale e non è più tornato, trovando evidentemente qualcosa di più divertente durante lo zapping. Già, perché se c'è una cosa che si può rimproverare a questa trasposizione è di aver posto troppo l'accento sulla componente introspettiva, perdendo in ironia.
Sarà ora da vedere come verrà accolta, tra qualche mese, Sabato, domenica e lunedì, ultimo titolo di questo ciclo eduardiano: sperando che Ranieri non accetti di farne due puntate, come sembra abbia chiesto il direttore di Raiuno Mauro Mazza, perché questo vorrebbe dire snaturare ancora di più l'anima teatrale dell'opera, rendendola troppo simile ad una miniserie. E questo sarebbe un errore imperdonabile.

martedì 15 novembre 2011

Fiorello fa "il botto": missione compiuta

"Avemo fatto il bottooooo!", ha annunciato trionfante Rosario Fiorello al Tg1, commentando gli ascolti della prima puntata del suo show. E come dargli torto? Il più grande spettacolo dopo il weekend - anzi, #ilpiùgrandespettacolodopoilweekend - è stato seguito ieri sera da 9.796.000 telespettattori, vale a dire il 39,2% della platea televisiva, ascolti che si sono visti soltanto in occasione di grandi eventi come il festival di Sanremo o le partite della nazionale. Beh, Rosario aveva una grossa responsabilità, visto quanto è costato alla Rai, ma ha ampiamente compiuto la sua missione: per soddisfare gli inserzionisti - che hanno pagato 150.000 euro per trenta secondi nei break prima delle 23.00 e 125.000 euro in quelli successivi, stando a quanto rivelato nei giorni scorsi dall'agenzia stampa Il Velino - doveva raggiungere il 26-27% di share, un obiettivo superato di addirittura una dozzina di punti, rendendo più concreta la realizzazione delle ulteriori due puntate che Fiore aveva ipotizzato in caso di successo. Le quali costerebbero altri bei soldini, ma ne porterebbero anche parecchi alle disastrate casse della Rai. Secondo indiscrezioni, solo con l'appuntamento di ieri l'azienda avrebbe infatti già guadagnato tra i quattro e i sei milioni di euro (più 6 che non 4, visto che i quattro blocchi pubblicitari prima delle 23.00 hanno avuto in totale 28 inserzionisti, ai quali vanno sommati gli 11 nei due successivi, e che le promozioni sono state tre). Insomma, un successo che merita un brindisi.
E veniamo ai contenuti. Simpatica l'anteprima registrata nell'edicola di fiducia - iniziata mostrando la prima pagina di Libero! :-) - e simpatica la trovata del taxi che lo porta in giro da sette anni, da quando cioè ha lasciato il Teatro delle Vittorie alla fine dell'ultima puntata di Stasera pago io Revolution. Come ha osservato qualcuno, è stato bravo a non cavalcare troppo la satira politica, che comunque non poteva mancare, dimostrando di avere idee a prescindere dalla crisi di governo (ma battute come "le bandane a mezz'asta" resteranno negli annali!), e ha dimostrato ancora una volta di essere un vero cavallo di razza. Personalmente ho preferito i momenti più comici, i monologhi e le parodie (quella di X-Factor è fantastica!), ma i picchi di ascolto - superiori al 45% di share! - sono stati raggiunti durante le esibizioni di Giorgia e dei Negramaro, quindi evidentemente non tutti la pensano come me... Nel complesso, uno spettacolo tutto da ridere e da gustare, come non se ne vedevano da tempo. E anche se qualche volta il ritmo è stato un po' più lento, poco male: abbiamo riso, ci siamo divertiti, abbiamo visto un varietà d'altri tempi. Magari la televisione fosse tutta così!

venerdì 11 novembre 2011

Dedicata a Pietro

Pietro Taricone torna in tv. Già a dirlo, mi vengono i brividi. Figuratevi come può farmi effetto vedere il promo che annuncia la messa in onda - da martedì in prima serata su Canale 5 - di Baciati dall'amore, la sua ultima fiction, dedicata a lui (soprattutto il primo, sempre che non me lo sia sognato, che era un collage delle sue scene), e ancora di più vedere il video del backstage, dove "O' guerriero" racconta sorridendo il suo personaggio, che viene mostrato mentre canta un brano demenziale contenente la strofa - con il senno di poi agghiacciante - "finché morte non ci separi". Già so che martedì avrò un groppo in gola, quando vedrò la fiction. Mi torneranno alla mente quelle poche volte che mi è capitato di incontrarlo, avendo amici in comune, la festa di Daniela, quando con occhi che gli brillavano mi ha parlato della sua bimba nata da poco, oppure quella volta che è entrato in ufficio con scarpe e pantaloni infangati, raccontando di essere stato fino a poco prima in campagna, con i suoi amati cavalli. Mi tornerà in mente la sua semplicità, la sua umiltà, la sua gentilezza. E mi tornerà in mente che se n'è andato troppo presto. Anche se questo è impossibile scordarlo. Ciao Pietro.

giovedì 10 novembre 2011

Il segreto? Non scoraggiarsi


Quando si decide di scrivere un romanzo, bisogna prima di tutto avere tanta tanta pazienza. Perché tanto per cominciare dobbiamo essere sicuri che la storia che abbiamo in mente funzioni, il che non è così scontato come potremmo credere. Poi occorre sviluppare l'idea, un'operazione che richiede tempo e una buona dose di inventiva. Se l'ambientazione è storica, c'è anche l'ulteriore complicazione, quella di documentarsi sui libri di storia (ma anche leggendo i romanzi scritti in quel periodo, of course) per ricreare il più fedelmente possibile l'atmosfera e lo stile di vita dell'epoca. Infine, dopo la stesura, arriva il momento della revisione, ovvero tagliare qua, allungare là, togliere le ripetizioni, semplificare il linguaggio troppo ostico... Quando finalmente romanzo può dirsi concluso, poi, comincia la seconda fase, altrettanto difficile: la ricerca dell'editore. E qui bisogna avere ancora più pazienza. Non perché quelli che decidono cosa pubblicare e cosa no siano dei cattivoni che non vogliono prendere in considerazione il nostro lavoro, intendiamoci, ma perché sono talmente tanti i manoscritti che ricevono ogni giorno, che possono passare mesi, a volte anni, prima che riescano a leggere il nostro. Però è importante non demoralizzarsi, anche se non dovessero arrivare risposte per parecchio tempo o se ne dovesse arrivare qualcuna negativa. Vi faccio un esempio. Durante l'estate ho finito di scrivere un romanzo e ho cominciato a contattare i vari editor, inviando a qualcuno un breve abstract, ad altri, dietro espressa richiesta, l'intero manoscritto. Poi ci sono state le vacanze, mi è venuta in mente una nuova storia e, mentre aspettavo riscontri, ho iniziato a scrivere il nuovo romanzo. Due giorni fa mi è arrivata la mail di una editor di una grossa casa editrice contattata a fine agosto, la quale mi ha detto di aver trovato interessante l'abstract e di voler leggere qualche pagina per valutare come scrivo. Ecco, questa mail mi ha dato una grande carica di ottimismo e di fiducia. Anche se temo che il mio romanzo non rientri nella linea editoriale di questo editore, sapere che a distanza di mesi ancora possono arrivare risposte l'ho trovato infatti molto incoraggiante. Quindi, aspiranti scrittori come me, non perdete l'entusiasmo, non demoralizzatevi se le cose non sembrano girare per il verso giusto ma armatevi di pazienza. E, proprio come me, continuate ad incrociare le dita! :-)

lunedì 7 novembre 2011

Tutti pazzi per amore... e pure un po' scemi!

Tanto hanno fatto, gli sceneggiatori di Tutti pazzi per amore, che hanno finito per stancare. Se già la seconda stagione era - almeno a mio parere - inferiore alla prima, quella che ha preso il via ieri sera è lontana anni luce dalla serie frizzante, allegra e leggera che tre anni fa è riuscita a divertire fino a sei milioni e mezzo di persone. Nei primi due episodi, seguiti da poco più di quattro milioni e mezzo di spettatori, non solo si sono visti pochi numeri musicali, finora la caratteristica principale della fiction, ma anche la componente surreale, un tempo esaltata dai siparietti dei due osservatori esterni, la signorina Carla e il dottor Freiss, si è ridotta ai minimi termini. Okay, ci saranno anche stati pochi soldi a disposizione, quest'anno, motivo della carenza di balletti (non si capisce però perché non siano tornati allora ai numeri semplici dei primordi, rinunciando alle costose coreografie), ma perfino i fan storici hanno dovuto riconoscere un calo del ritmo e una trama poco convincente.
Quello che più infastidisce, secondo me, è l'assurdità di certe situazioni proposte come verosimili. Un paio di anni fa ho scritto un pezzo su incongruenze e difetti della sceneggiatura de I Cesaroni 3 (si intitolava "Cesaroni come Beautiful": se volete leggerlo, lo trovate nella pagina Ritagli). Ebbene, sarà colpa della crisi del terzo anno, ma potrei fare ora lo stesso con Tutti pazzi per amore 3. Vi faccio solo qualche esempio. Monica lascia la direzione della rivista "Tu donna", perché troppo impegnata a fare la mamma, e chi viene scelta per prendere il suo posto? Laura, l'ultima arrivata (ci capitò per caso all'inizio della prima stagione, senza alcuna esperienza alle spalle, e da allora è passato appena un anno). Vabbè, buon per lei. Ma possibile che nessuna delle colleghe si risente per essere stata scavalcata? Sono tutte così tanto care da rinunciare ad un eventuale avanzamento di carriera - e un aumento di stipendio - per amicizia? Veniamo a Cristina, la figlia diciottenne di Paolo, che ha avuto un rapporto non protetto con il fidanzato sieropositivo: l'esito del test HIV - negativo - le viene comunicato non in una stanza chiusa, come è prassi, ma nel bel mezzo di un corridoio, alla faccia della privacy (ed evito di commentare la sua reazione quando, credendo di aver contratto il virus, si preoccupa solo di come dirlo al padre!). E vogliamo parlare del medico che ha appena comunicato a Paolo l'eventualità che gli restino solo due mesi di vita per una leucemia fulminante? Quando i figli gli dicono che stanno giocando agli hacker, e prendendo il loro computer si accorge che sono stati loro a falsificare i risultati delle analisi del suo paziente, non salta su tutte le furie come sarebbe legittimo, ma... restituisce loro il pc!
Piccole cose, d'accordo, che però si notano, eccome. Più che tutti matti, a me quest'anno i protagonisti sembrano tutti scemi...

venerdì 4 novembre 2011

Il linguaggio dei gatti: letture... feline

Leggendo qua e là, mi sono imbattuta in un articolo incentrato sulla "scoperta" che i gatti hanno una spiccata predilezione per le donne: uno studio dell'università di Vienna, pubblicato sulla rivista Behavioural Processes, avrebbe infatti certificato ciò che io sostengo da sempre, vale a dire che il comportamento di Micio nei confronti della padrona è più intimo e tenero di quello che ha con il padrone. Fermo restando che in generale le gatte sono più attratte dagli uomini e i maschi più dalle donne, per una questione prettamente ormonale, e che ogni esemplare ha una propria personalità che lo rende diverso dai suoi simili - e fatevelo dire da chi ne ha avuti quasi un centinaio! - è vero che i gatti di entrambi i sessi instaurano spesso con la padrona un rapporto simile a quello che si crea tra il neonato e la sua mamma. Secondo la ricerca, le donne sarebbero oggetto di miagolii e fusa addirittura tre volte più degli uomini.
Alla base di ogni rapporto c'è però la comunicazione. Se volete imparare ciò che il vostro "bimbo peloso" vuole dirvi attraverso il suo linguaggio, vi consiglio due bei saggi di psicologia felina i cui autori sono veterinari: "La mente del gatto" di Bruce Fogle (Geo, 2005) e "Il gatto che chiedeva aiuto" di Nicholas H. Dodman (Tea, 2006). Sono entrambi scritti in maniera abbastanza scorrevole e poco accademica, prendendo spunto sia da esperienze personali che da casi trattati in ambito professionale, ma il primo è più volto a spiegare quali emozioni può provare un gatto e come si esprime la sua intelligenza, mentre il secondo si propone di chiarire le cause di disturbi comportamentali come un miagolio continuo, un'improvvisa paura o un'inspiegabile aggressività.
Se questi due libri vi dovessero sembrare comunque troppo tecnici, potete consultare il "Dizionario bilingue Italiano/Gatto-Gatto/Italiano - 180 parole per imparare a parlare gatto correttamente" (Sonda, 2009): io non l'ho letto, ma chi l'ha fatto lo giudica molto molto simpatico, perché descrive una serie di situazioni quotidiane sia dal punto di vista umano che felino, corredando il tutto con un centinaio di vignette che illustrano in modo umortistico il rapporto tra l'uomo e il suo padrone... ops, volevo dire gatto.

giovedì 3 novembre 2011

Lo scandalo dei compensi Rai

La notizia del giorno, riportata su Leggo da Michele Galvani, è che Fiorello riceverà circa 300.000 euro a puntata - però lordi, eh?! - per il suo nuovo show Lo spettacolo più grande dopo il weekend, in onda per quattro settimane dal 14 novembre su Rai1. In tutto, se la matematica non è un'opinione, sono più o meno 1.200.000 euro, un decimo del costo totale del programma, stimato in 12 milioni di euro. Ora, la riflessione viene spontanea: è giusto che la tv pubblica, quella che paghiamo un po' tutti noi attraverso l'odiato canone, sborsi tanti soldi per appena quattro prime serate? Fiorello è Fiorello e questo non si discute, sicuramente gli introiti pubblicitari saranno spaventosamente alti, ma io non lo trovo comunque etico. Stesso dicasi, ovviamente, per i compensi stratosferici di altri conduttori Rai, come Fazio (1.850.000 euro l'anno per tre anni, totale 5.550.000 euro) e Clerici (1.800.000 euro per condurre La prova del cuoco e Ti lascio una canzone). Insomma, se Mediaset vuole pagare la Cortellesi 65.000 euro a puntata - 780.000 totali - per Zelig, niente da dire: la tv commerciale può fare quello che vuole. Ma se è la tv pubblica a tirare fuori queste cifre, allora è diverso, molto diverso. Soprattutto quando si viene a scoprire che molti conduttori non certo di serie B, come Fabrizio Frizzi e Lorella Cuccarini, hanno accettato di abbassarsi il cachet, come ho scritto qualche tempo fa su Libero, per non gravare troppo sulle spalle di un'azienda in crisi. E quindi la Rai eviti di venirci a dire che la cifra offerta a Fiorello è «di gran lunga inferiore a quella che normalmente il mercato gli garantirebbe»: è troppo comunque. E sono sicura che saranno d'accordo con me tutti coloro - e sono davvero tanti - che in quella stessa azienda ci lavorano da precari o con stipendi da fame.

mercoledì 2 novembre 2011

"Il linguaggio segreto dei fiori": vero fenomeno o bluff?

Di solito, lo confesso, guardo un po' con diffidenza i libri definiti "fenomeno editoriale dell'anno", convinta che certe etichette siano spesso soltanto il risultato di un'accorta operazione commerciale. Un bluff, insomma. Ma “Il linguaggio segreto dei fiori” - un “caso letterario” ancor prima della pubblicazione, uscito nel maggio scorso contemporaneamente in 30 paesi del mondo – mi ha subito incuriosito. Per giunta mi sembrava un regalo di compleanno perfetto per la mia amica Stefania, grande amante delle piante e della lettura, e così l'ho preso. Per lei. «Poi magari me lo presti», le ho detto quando ha scartato il pacchetto, e dopo appena qualche giorno lei me l'ha portato, dicendomi che l'aveva “presa” fin dalle prime pagine e che dovevo assolutamente leggerlo anche io.
Ebbene, devo dire che l'opera prima di Vanessa Diffenbaugh è stata una piacevolissima sorpresa: non è infatti un "mattone" come pensavo, ma è scorrevole, intrigante, coinvolgente e a tratti anche divertente. La protagonista è Victoria, una ragazza dal carattere difficile che, abbandonata alla nascita, ha trascorso l'infanzia tra una famiglia affidataria e l'altra, spesso maltrattata da chi avrebbe dovuto amarla come una figlia, ed è cresciuta nella diffidenza e nella solitudine, piena di rabbia e inconsapevole desiderio di autodistruzione. Ora che ha raggiunto la maggiore età, Victoria può finalmente lasciare la casa d'accoglienza dove è stata costretta a vivere finora, ma quali prospettive può avere una diciottenne misantropa, che ha paura del contatto fisico, allontana da sé tutti coloro che le dimostrano amore, convinta di non esserne degna, e non è capace a comunicare le proprie emozioni se non attraverso il linguaggio dei fiori, che le ha insegnato da bambina l'unica donna che avrebbe voluto come madre? Narrata in prima persona, la storia si muove alternativamente su un doppio piano temporale, il presente e il passato, e via via che scorrono le pagine chiarisce i motivi che hanno spinto la protagonista a chiudersi sempre più in se stessa e quelli che potrebbero invece darle il coraggio, la speranza e la fiducia nel futuro, indispensabili per ritrovare quella felicità assaporata troppo brevemente in un tempo ormai lontano.
Pubblicato in Italia da Garzanti con cinque diverse copertine, ognuna raffigurante un fiore – rosa rosa “eleganza”, bouganvillea “passione”, gerbera “allegria”, camomilla “forza nelle difficoltà” e tulipano “dichiarazione d'amore” - il romanzo affronta un tema fortemente drammatico come il fenomeno dell'abbandono minorile, che l'autrice conosce molto bene essendo madre affidataria e creatrice di un'associazione no-profit finalizzata ad aiutare i ragazzi che vivono in istituto (il cui nome, Camelia, vuol dire “il mio destino è nelle tue mani”), miscelandolo con uno poetico come il significato dei fiori, in epoca vittoriana utilizzato per esprimere i sentimenti senza bisogno di parole (il lettore potrà impararlo grazie al dizionario riportato in appendice). Un libro da leggere non perché è un fenomeno letterario, insomma, ma perché arriva al cuore, appassiona e fa riflettere. Tanto, secondo me.