martedì 9 ottobre 2012

Canta, Adriano, canta

A me, personalmente, Adriano Celentano non è mai piaciuto. Trovo belle alcune canzoni del suo repertorio, ma non amo la sua voce. Mi diverte qualcuno dei film che ha interpretato, ma non lo apprezzo come attore (il suo Rugantino con accento lombardo è a dir poco da dimenticare!). E, soprattutto, non sopporto il suo atteggiamento, i silenzi, le frasi lasciate volutamente a metà e i sermoni da Messia del nuovo millennio.
Nonostante ciò, ieri sono stata costretta, per esigenze lavorative, a seguire su Canale 5 il suo attesissimo megaconcerto RockEconomy, in diretta dall'Arena di Verona. Mi aspettavo uno show politico e in effetti questo lasciavano intendere le scene apocalittiche dell'anteprima e il brano di Rifkin e Latouch su buona giustizia, diritto alla salute e al lavoro, decrescita contro il consumismo che genera la crisi recitato in apertura da una giornalista e un attore. Ma poi il Molleggiato è entrato in scena e, inaspettatamente, ha iniziato a cantare. Così, senza commenti. Sette brani di ieri (soprattutto) e di oggi, vecchi successi come Svalutation, Si è spento il sole, Pregherò, intervallati solo da un paio di dediche, a Gianni Bella (autore, con Mogol, di Io non so parlar d'amore) e a Bonolis. Che il Predicatore abbia capito che il pubblico vuole solo sentirlo cantare - mi sono domandata - dopo i fischi rimediati con l'interminabile tirata contro la stampa cattolica (e non solo) durante l'ultimo Sanremo? Mera illusione. Appena qualche minuto più tardi, dopo un'ora di spettacolo, sono infatti arrivate le prime avvisaglie di quello che aveva in serbo di lì a poco, con uno sconclusionato preambolo sulla crisi lasciato a metà e una pausa di cinque minuti buoni per bere e scambiare due parole con un membro dello staff. Si stava avvicinando il momento in cui avrebbe fatto finalmente - per lui, non per noi - il suo bel predicozzo. E così, dopo un altro paio di canzoni, si è seduto attorno ad un tavolino con Jean-Paul Fitoussi e i giornalisti Gianantonio Stella e Sergio Rizzo per parlare di economia mondiale, spread, disoccupazione, disuguaglianza e debito pubblico, cercando di convincere l'economista francese 
- che non è caduto nel tranello - a denigrare l'Italia al posto suo. Finché, dopo una buona mezz'ora di chiacchiere inutili e farneticanti, il pubblico dell'Arena ha perso la pazienza, iniziando a rumoreggiare e fischiare. «Adriano, vogliono che canti», ha fatto notare Morandi, che nel frattempo si era unito al dibattito (evidentemente non pago dell'esperienza sanremese). E solo a quel punto il Molleggiato ha congedato suo malgrado gli ospiti e ha ripreso a intonare i suoi successi. Stavolta senza prendersela con chi non ha apprezzato il suo Verbo, però, come ha fatto sul palco dell'Ariston. Che abbia capito, finalmente, che la gente vuole sentire solo le sue canzoni e non i suoi sermoni? Ho i miei dubbi. E sono pronta a scommettere che stasera ci riproverà. In fondo, che sia stato per sentirlo cantare o per semplice curiosità, ieri sera oltre nove milioni di persone si sono sintonizzate su Canale 5. Perché stasera non dovrebbe ripetersi?

2 commenti:

  1. Mi accorgo ora che la frase da me scelta come titolo di questo post è stata usata anche da Aldo Grasso nel suo articolo odierno sullo spettacolo del Molleggiato. Giuro che non lo sapevo: evidentemente quell'invocazione viene naturale a molti! :-)

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  2. Concordo pienamente... io ieri volutamente non ho visto canale5 neanche per tre secondi... mi è bastato quel po' di messinscena che ha fatto a Sanremo! Non tutti sono Bob Dylan, che ha "fatto politica", se così vogliam dire, attraverso la sua musica, non tutti ne hanno lo stile e la capacità... I cantanti, gli artisti, devono capire una volta per tutte che il loro ruolo è intrattenere, divertire, emozionare, attraverso la loro arte... Spiegatelo anche a jovanotti & company... se vogliamo annoiarci, c'è sempre Porta a Porta...
    Cristiana M.

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