sabato 14 aprile 2012

Cento anni dopo l'affondamento del Titanic

La storia del Titanic mi ha sempre affascinato. Sinceramente non ricordo quando ho sentito parlare la prima volta di questa immane tragedia del mare, ma so per certo che con il passare del tempo è cresciuto via via il mio desiderio di saperne di più, di capire perché un transatlantico considerato inaffondabile sia colato a picco in poco più di due ore, perché la nave più vicina non abbia raccolto il segnale di soccorso e perché così pochi passeggeri siano riusciti a raggiungere il Carpatia, mentre tutti gli altri hanno perso la vita nelle acque gelide dell'oceano. Documentari e film, primo fra tutti il kolossal di James Cameron (che ho visto due volte al cinema e vorrei ora andare a vedere anche in 3D), hanno ripercorso gli eventi drammatici di quella maledetta notte di cento anni, eppure ci sono ancora tante domande senza risposta, destinate purtroppo a rimanere tali. Ma tra tante domande, ce n'è una che mi risuona in testa più delle altre: come è possibile che quella tragedia si sia ripetuta, con modalità tanto simili, un secolo più tardi? Come è possibile che al giorno d'oggi, con tutte le strumentazioni che hanno a disposizione i comandanti, una nave da crociera sia finita contro uno scoglio davanti all'isola del Giglio? E come hanno fatto a morire tante persone, in un incidente avvenuto di fronte al porto? Ecco, questa tragedia è ancora più inconcepibile di quella del Titanic. E oggi, nel centenario dell'affondamento del gigante della White Star Line, il mio pensiero va soprattutto ai passeggeri della Costa Concordia, a quelli che ci sono ancora e a quelli che invece, per uno scherzo atroce del destino, non ci sono più.

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