«Gomorra
non è un luogo geografico, ma un luogo della coscienza con cui tutti
devono fare i conti, è anche in Sudamerica, Sudafrica, Nordeuropa...
non a caso è stata venduta in tutto il mondo». A parlare della
serie di successo targata Sky, in questi giorni al centro di
polemiche per le intercettazioni che avrebbero messo in luce il
pagamento del pizzo ai boss di Torre Annunziata, per girare nella
loro villa, da parte della casa di produzione Cattleya (accusata per
questo di favoreggiamento, mentre tre esponenti del clan
Gallo-Pisielli sono stati arrestati per estorsione), è il
protagonista Marco D'Amore, alias il perfido Ciro Di Marzio
“l'immortale”. Intervenuto ieri al Giffoni Film Festival, dove ha
ricevuto il Giffoni Award, insieme al collega Salvatore Esposito, il
boss Genny Savastano nella fiction, l'attore ha preso le distanze
dalle accuse. «Per formazione
culturale tendo ad attenermi solo ai fatti dopo averli accertati»,
ha commentato, «Riccardo Tozzi ha parlato come produttore, io
aspetto di sapere come stanno le cose prima di trarre le mie
conclusioni, le frasi lette sui giornali sono state estrapolate da un
discorso più ampio». «Il problema è che le cose buone non fanno
notizia», ha aggiunto Esposito, premiato
con l’Explosive Talent Award per la già promettente carriera,
«nessuno dice che quando abbiamo girato nei luoghi più bui della
Campania, la gente del posto ci ha accolto con applausi, tutti ci
hanno aperto la porta, ci offrivano il caffè. Non è tutto marcio.
Abbiamo partecipato ad una delle più belle serie che siano state
fatte, nel mondo ce la stanno invidiando, non parliamo di queste cose
inutili». «Ci hanno accostato a La
piovra,
ma questo vuol dire cancellare oltre 20 anni di televisione
italiana», ha proseguito l'attore, «la Rai ha detto che non farà
mai serie con eroi negativi come il Libanese di Romanzo
criminale
e noi, ma chi ha visto Gomorra
sa che Ciro e Genny sono negativi ma non sono assolutamente degli
eroi». «Non
mi compete né l’apologia di Sky né le critiche alla Rai»,
ha commentato da parte sua D'Amore, «ci
sono modalità di vivere i progetti, persone che vogliono correre
rischi. Sky ha corso dei rischi producendo Gomorra
- La Serie,
per l'opinione pubblica, per la critica, per le problematiche
ambientali legate ai luoghi dove abbiamo girato, ma la produzione e
tutto il cast si sono stretti attorno al progetto, perché sentivano
il bisogno di raccontare questo tipo di storia. Trovo
però svilente continuare a dividere il mondo in buoni e cattivi:
ragazzi, siamo nel 2014, ci sono opere d’arte del ’600, come
quelle di Shakespeare, piene di personaggi negativi. Svegliamoci in
questo paese, il mondo là fuori va a 3000 e noi camminiamo
all’indietro».
Diventati popolari proprio grazie alla fiction ispirata al libro di
Saviano, D'Amore ed Esposito guardano ora al futuro. Il primo, che
sarà protagonista con Luca Zingaretti di Perez,
il nuovo film di Edoardo De Angelis, e affiancherà Elio Germano in
Alaska
di Claudio Cupellini, produrrà e interpreterà un lungometraggio sul
disastro ambientale causato dalla fabbrica dell’Eternit a Casale
Monferrato, per la regia di Francesco Ghiaccio, dal titolo Un
posto sicuro.
Tante proposte anche per Esposito, sebbene «a parte piccole perle»
siano «tutte per personaggi legati al territorio, anche se in realtà
in Gomorra
c'è stata un'importante evoluzione per Genny, perché il limite del
cinema italiano è andare spesso a ritroso», spiega, concludendo,
anche a nome del collega, che «la carriera di un attore la fanno le
scelte: noi cercheremo di allontanarci dallo stereotipo dei
camorristi perché siamo attori nazionali, non solo napoletani».
Pensieri tra le righe
Il blog di Donatella Aragozzini
sabato 19 luglio 2014
lunedì 5 maggio 2014
Santoro dimentica Berlusconi: ora il bersaglio è Grillo
Da antiberlusconiano ad antigrillino.
Michele Santoro cambia bersaglio e promette di dare battaglia al
leader del Movimento 5 Stelle sul suo stesso campo, le piazze, «se
non imparerà ad avere rispetto».
In occasione della presentazione alla stampa di Announo, il programma
condotto da Giulia Innocenzi in onda da giovedì 8 maggio in prima
serata su La7 per 4 puntate, una sorta di spin-off del suo programma
visto il coinvolgimento della squadra di Servizio pubblico
al gran completo, il giornalista ha attaccato Grillo, reo di
aver usato ripetutamente nei confronti suoi e dei suoi collaboratori
dei toni molto duri (e forse anche di non aver voluto andare ospite nella
sua trasmissione, diciamolo). «Adesso gli
facciamo fare questa campagna elettorale in santa pace», avverte,
«osserveremo con molta imparzialità, ma se non impara a rispettarci
lo ripagheremo con la sua stessa moneta, con la stessa vis polemica
che ci dedica lui, ma non con le stesse tecniche. Potrebbe essere
divertente passare nelle sue stesse piazze, visto che anche io ho le
mie piccole masse che mi seguono, per affrontare la mia vecchiaia con
una scarica di adrenalina». Critico nei confronti dell'ex comico
genovese anche per le sue trattative con Vespa per partecipare
a Porta a Porta, «un'incoerenza
dopo aver teorizzato la
morte della televisione»,
Santoro sembra dunque aver spostato l'attenzione da Berlusconi, del
quale parla ormai quasi con affetto – «ci
conosciamo da tanti anni, ormai siamo gemelli diversi», dice di lui,
«la puntata in cui è venuto da me è stata come la partita
Italia-Germania, il 34% di share è un risultato difficilmente
replicabile» – appunto a Grillo, che si augura «smetta
con questi toni illiberali, perché ormai è un leader politico e non
può più parlare come un comico, a vanvera». Nell'attesa
delle elezioni, e di scendere eventualmente in piazza per «battersi per la libertà di
informazione come operazione di legittima difesa», il
giornalista continuerà ad essere ogni giovedì sera su La7 ma in una
veste completamente diversa. La conduzione di Announo sarà
infatti affidata esclusivamente alla Innocenzi, perché «non
si può essere in due a dirigere l'orchestra, è giusto che sia lei a
farlo senza avere tra i piedi una persona ingombrante come me». Che
ruolo avrà dunque Santoro nel nuovo programma? «Con Vauro ci
piacerebbe essere come i telecronisti americani, che dalla torre
osservano quello che accade nell'arena e commentano le azioni di
gioco», spiega, «i nostri interventi saranno molto rapidi, ma la
partita di baseball avviene senza di noi». A giocare il match, per
rimanere nell'ambito della metafora sportiva, saranno 24 giovani
molto differenti l'uno dall'altro per provenienza geografica,
estrazione sociale, idee politiche e stile di vita, dal ventitreenne
Niccolò Ferragamo già imprenditoire di successo al ragazzo
napoletano venditore ambulante di calzini, che si confronteranno su
grandi temi nella prima parte tra di loro e successivamente con il
politico di turno, a cominciare da Matteo Renzi che sarà ospite
della prima puntata, al quale potranno rivolgere domande, critiche o
dare consigli. Ognuno di loro sarà poi collegato ad un hastag che
permetterà di capire chi sta incontrando maggiormente il consenso
del pubblico e merita di confrontarsi facci a faccia con il politico.
«I giovani in televisione sono relegati ai reality», commenta la
conduttrice, «questo programma sarà un talk show, un esperimento
perché ci sarà una contaminazione di generi. In una trasmissione
politica non siamo abituati a vedere al centro i giovani, stavolta
parleranno, rispetto alle loro vite, di temi sociali dei quali di
solito parlano i politici. Avremo anche i reportage, con Pablo
Trincia delle Iene
che è una new entry, e ci saranno le colonne portanti di Servizio
pubblico: Travaglio,
che terrà una finestra aperta sulle elezioni, Dragoni, che porterà
i numeri, Vauro, che sarà Vauro, e Santoro». Il desiderio,
naturalmente, è avere ospiti «tutti e tre i big: Renzi, Berlusconi
e Grillo». Ma questo, almeno per il momento, resta un sogno.
giovedì 14 novembre 2013
Masterpiece: quando la tv lancia gli scrittori
Torno a scrivere sul mio blog dopo 7 mesi - tanti quanti ne ha la mia adorata bimba - perché oggi sono stata alla presentazione di un programma sul quale vale la pena di spendere qualche parola. Si tratta di Masterpiece, in onda dal 17 novembre la domenica in seconda serata su Rai3: un talent show con protagonisti
scrittori in erba, con il sogno di vedere pubblicato il "capolavoro" che
hanno nel cassetto da chissà quanto tempo. Scrittori come me,
insomma.
Devo dire che quando mi hanno parlato la prima volta di questa nuova trasmissione – era l'inizio di agosto e una mia amica insisteva perché inviassi un mio romanzo, cosa
che invece non ho fatto – ero piuttosto scettica: cosa può
avere in comune il mondo della letteratura con il mondo della
televisione? Tanto più che conosco bene i meccanismi dei
talent, occupandomi da tanti anni di televisione, e quindi so che il
più delle volte, in questo tipo di programmi, ad emergere non è il concorrente più
talentuoso tra quelli in gara ma quello capace di farsi notare grazie ad una spiccata personalità.
Ebbene, forse ho commesso un errore di
valutazione. Certo, se anche avessi dato ascolto alla mia amica avrei avuto probabilmente scarse possibilità di essere scelta, visto che sono stati inviati circa 5000 dattiloscritti,
ma sarebbe stata comunque un'opportunità. Perché Masterpiece, format originale realizzato da Freemantle a partire da un'idea del direttore di Rai3 Andrea Vianello ed elogiato perfino dal New York Times, si propone di «cercare
soprattutto un nuovo scrittore, che sappia andare avanti», come
ha spiegato in conferenza stampa Andrea De Carlo, autore di "Due
di due" e di altri 16
romanzi, in giuria insieme a Massimo De Cataldo (noto al grande
pubblico soprattutto per "Romanzo
criminale", che ha
ispirato l'omonimo film e la serie tv realizzata da Sky) e Taiye
Selesi (in libreria con il suo romanzo d'esordio "La bellezza delle
cose fragili"). Basti pensare che il vincitore, colui che non solo
avrà dimostrato di aver scritto il romanzo migliore tra quelli
in gara, ma che avrà anche superato brillantemente le prove di
scrittura creativa previste durante la trasmissione, vedrà la
propria opera pubblicata nientemeno che da Bompiani, in 100.000 copie
distribuite in libreria e in edicola con il Corriere della Sera: il
premio più ambito da ogni scrittore, direi. «Questo è
un programma innovativo e la Bompiani guarda con molta curiosità
a ciò che è nuovo, innovativo e una scommessa»,
ha detto Elisabetta Sgarbi, direttore editoriale della casa editrice, «spero che chi concorre non equivochi, pensando che
c'è l'Auditel: alcuni verranno fuori per la loro brillantezza,
ma l'importante è che non venga perso il lavoro che fanno sul
loro romanzo. La giuria è autorevolissima e il valore è
ciò che verrà pubblicato».
Un'occasione persa,
insomma. Chissà, se nel frattempo non dovesse succedere niente, magari mi candiderò per la prossima
edizione...
domenica 24 marzo 2013
Se la fiction perde ascolti...
Non esistono più le fiction di una
volta. O forse è il pubblico ad essere cambiato? Fatto sta che,
mentre fino a qualche tempo fa serie e miniserie tv facevano
registrare ascolti crescenti via via che si susseguivano le puntate,
ora si sta verificando un'inversione di tendenza: tra tutti i titoli
andati in onda nell'ultimo periodo, l'unico ad aver visto aumentare
la sua audience è stato Volare, la storia di Domenico
Modugno, che all'esordio ha conquistato ben 10.099.000 spettatori,
pari al 34,22% della platea televisiva, e il giorno seguente è
arrivato a totalizzarne addirittura 11.386.000, con il 38,98% di
share.
Se però escludiamo la miniserie con Beppe Fiorello, vediamo che tutti gli altri
prodotti seriali stentano invece ad imporsi, o meglio a fidelizzare
il pubblico. Sia chiaro: la fiction è ancora un genere di grande
appeal, come dimostrano i dati Auditel relativi soprattutto alle
produzioni targate Rai – eccezion fatta per K2 – La montagna
degli italiani, che lunedì e martedì scorsi ha convinto appena
il 16,6% degli individui davanti al teleschermo – ma è innegabile
che si sta verificando un calo nella tenuta del pubblico. Prendiamo
Un medico in famiglia 8: con una media di 6.318.000 spettatori
e il 23,3% di share, la serie con Lino Banfi e Giulio Scarpati ha
addirittura incrementato gli ascolti della passata stagione, seguita
mediamente da 5.215.000 persone con il 20,18% di share, ma in appena
4 settimane ha già perso per strada quasi un milione di spettatori,
visto che all'esordio ne aveva totalizzati 7.393.000 (24,9% di
share). Stesso dicasi per Che Dio ci aiuti 2, altro prodotto
che funziona e che ha visto crescere l'audience rispetto allo scorso
anno, ma che comunque in questa stagione sta facendo registrare un
calo progressivo ma inarrestabile: dai 7.681.000 spettatori e il 25%
di share della prima puntata, è sceso fino ai
6.661.000 (23,8%) dell'ultima. Il discorso non cambia se si prendono
in considerazione i titoli Mediaset, visto che Il clan dei
camorristi era partito con quasi cinque milioni di spettatori e
il 18,61% di share e si è concluso venerdì scorso arrivando a totalizzare una media di
4.448.000 spettatori e il 16,5% di share, né se si analizzano le
miniserie, con Trilussa – Storia d'amore e di poesia che tra
la prima e la seconda puntata ha perso quasi mezzo milione di
individui (da 6.616.000 a 6.191.000) e oltre un punto e mezzo di
share (dal 23,6% al 21,9%).
Se insomma fino all'anno scorso
l'appuntamento con la fiction era qualcosa di assolutamente
imperdibile, e gli ascolti crescevano costantemente fino
a raggiungere il record di solito nel finale, sembra che ora le
persone non si strappino più i capelli all'idea di perdere un episodio, o anche più
d'uno, scegliendo più liberamente tra le varie offerte delle diverse reti tv. Colpa della
maggiore controprogrammazione? Della possibilità di recuperare
online le puntate perse? O forse sono appunto cambiate le abitudini del
pubblico, che ora preferisce variare piuttosto di guardare sempre le
stesse cose? Difficile dirlo, ma certo si tratta di un fenomeno che
non passa inosservato. E che credo non sia da sottovalutare.
venerdì 15 febbraio 2013
Sanremo, terza serata: tanta musica e un'inedita Littizzetto
Un duetto sulle note di Vattene
amore, occhi negli occhi, e un bacio di baudiana memoria. Così
Fabio Fazio e Luciana Littizzetto hanno aperto il terzo appuntamento
con il festival di Sanremo, nel giorno di San Valentino.
Ringalluzziti dagli ottimi ascolti ottenuti anche nella seconda
serata – la migliore degli ultimi 13 anni, con una media, tra prima e seconda parte, di
11.330.000 spettatori e
il 42,2% di share – i due conduttori si sono dimostrati fin dal
primo momento più spigliati, in grado di reggere il palco senza
bisogno di ricorrere a frecciatine a sfondo politico, freddure e
parolacce gratuite. Anzi. La Littizzetto ha stupito perfino me, che non sono propriamente una sua estimatrice, con un
bellissimo monologo iniziato con toni leggeri, ironizzando sui difetti comuni a
tutti gli uomini, e trasformatosi poi in un monito alle donne, perché non accettino passivamente la violenze da parte di chi dichiara di amarle, riallacciandosi al flash mob One
Billion Rising contro
gli stupri e il femminicidio svoltosi proprio ieri in
tutto il mondo: «Non
vogliamo essere donne con le palle, pretendiamo solo rispetto»,
ha esordito, improvvisamente serissima, «Un uomo che ci picchia non
ci ama. Oppure ama male. Un uomo violento è uno stronzo. Questo
ficchiamocelo in testa. Ficchiamocelo nell'hard disk. L’amore
riempie il cuore, non rompe le costole e non lascia lividi in faccia:
cosa credete, che abbiamo sette vite come i gatti? Ne abbiamo una
sola: non buttiamola via». Un intervento toccante, che Lucianina ha voluto concludere unendosi al corpo di ballo del festival, per danzare a favore delle donne.
Toccante
anche Roberto Baggio, invitato all’Ariston non per parlare di
calcio ma del suo impegno umanitario e delle emozioni vissute come
ambasciatore della Fao, che ha voluto leggere una lettera indirizzata
ai giovani, per incoraggiarli «a riflettere su alcune parole» –
“passione”, “gioia”,
“successo” e “sacrificio” – e
a non rinunciare ai propri obiettivi: «abbracciate i vostri sogni e
seguiteli: è quello che auguro a tutti voi ed ai miei figli».
Musicali, invece, gli altri ospiti della serata: la band newyorkese
Antony and the Johnsons, che ha cantato il brano "You are my sister", la pianista ventenne Leonora Armellini, splendida in un un pezzo di Chopin, e Al
Bano, che ha duettato con Laura Chiatti nell'evergreen "Felicità".
E la gara? Quella è scorsa via fluida e senza scossoni:
si sono esibiti di nuovo tutti e 14 i Big, dei quali è stata stilata
la classifica provvisoria in base ai risultati del televoto, con Marco Mengoni, i Modà e Annalisa Scarrone per il momento sul podio, e i
restanti quattro Giovani, con i due concorrenti con l'X Factor - Antonio Maggio e Ilaria Porceddu, entrambi nella prima edizione del reality all'epoca in onda su Raidue - che hanno conquistato la finale di stasera.
giovedì 14 febbraio 2013
Sanremo, atto secondo: finalmente la musica!
Niente
satira politica, nessuna battutina sui candidati alle elezioni e nessun
commento fuori contesto. Dopo le polemiche sollevate dall’esordio a
sfondo politico, comunque premiato da grandi ascolti (ben 14.196.000
spettatori e il 47,61% di share nella prima parte, 8.146.000 e il
53,54% nella seconda), il Festival di Sanremo ieri sera ha finalmente
ritrovato l’identità perduta, rimettendo al centro la musica e
tornando ad essere una kermesse canora, con perfino gli ospiti
protagonisti di momenti musicali. Molto suggestiva l'apertura della serata, con l’omaggio a
Domenico Modugno affidato a Beppe Fiorello:
con indosso la giacca originale con la quale Mr. Volare trionfò nel
1958 all’Ariston con Nel
blu dipinto di blu,
l’attore siciliano – che vestirà i panni dell’indimenticato
cantautore nella miniserie intitolata appunto Volare,
in onda su Rai1 il 18 e 19 febbraio – ha raccontato la genesi del
brano che ha reso famoso nel mondo Modugno e si è esibito cantando, con una voce straordinariamente simile alla sua, un
medley dei suoi successi, “Vecchio frac”, “Cosa sono le nuvole”
e “Tu si’ ‘na cosa grande”, perfettamente calato nella parte.
«Non
potevamo cominciare meglio», è stato il commento di Fazio, entrato in scena
al termine della performance, «Fiorello è stato proprio bravo bravo». Uno sketch con la top model
israeliana – e per l’occasione valletta – Bar Refaeli, apparsa
in tutta la sua bellezza in cima alle scale, qualche freddura di Luciana
Littizzetto («Bar, posso
chiamarti Chiosco?»), dopodiché la gara ha avuto inizio, con tutti gli artisti impegnati in una doppia esecuzione, come quelli che si sono esibiti la sera prima, per scegliere il brano che continuerà il percorso verso la vittoria finale. Il tempo
di ascoltare le canzoni dei Modà e di Simone Cristicchi, e sul palco
è salita Carla Bruni, che ha promosso il
nuovo disco, cantando il brano “Chez Keith et Anita”, e poi si è
lasciata prendere bonariamente in giro dalla Littizzetto, la quale ha sottolineato la
comune nascita a Torino («Ci hanno separato dalla nascita, siamo
gemelle diverse») e ironizzato sulla fortuna di donna dell'ex premère dame francese («Ha più culo che anima»)
e sul suo repertorio musicale.
Tra un Big e l’altro, spazio alla voce del cantautore israeliano Asaf Avidan e alla comicità di Neri Marcorè, sempre irresistibile nella parodia di Aberto Angela, con Fazio a fargli da spalla imitando - peraltro molto bene - il padre Piero Angela.
Solo in tarda serata, come purtroppo accade ogni anno, i primi quattro giovani in gara: hanno passato il turno Renzo Rubino - com'era prevedibile, visto che del suo brano sull'omosessualità, "Il postino (amami uomo)", si discute da almeno un mese - e i Blastema, boy band di bellocci che certo farà battere il cuore a parecchie ragazzine.
e sul suo repertorio musicale.
Tra un Big e l’altro, spazio alla voce del cantautore israeliano Asaf Avidan e alla comicità di Neri Marcorè, sempre irresistibile nella parodia di Aberto Angela, con Fazio a fargli da spalla imitando - peraltro molto bene - il padre Piero Angela.
Solo in tarda serata, come purtroppo accade ogni anno, i primi quattro giovani in gara: hanno passato il turno Renzo Rubino - com'era prevedibile, visto che del suo brano sull'omosessualità, "Il postino (amami uomo)", si discute da almeno un mese - e i Blastema, boy band di bellocci che certo farà battere il cuore a parecchie ragazzine.
mercoledì 13 febbraio 2013
Festival di Sanremo o Tribuna politica?
L'aveva
dichiarato apertamente, Fabio Fazio: «tv pubblica vuol dire che è
di tutti, quindi si può dire tutto». E così è stato. La prima
serata del Festival di Sanremo 2013 verrà infatti ricordata
soprattutto per l'ampio spazio dato alla politica, peraltro
monocolore, in forma di battutine per bocca della Littizzetto («Posso
dire due Maroni? E due Meloni? E che Casini?»), di satira spinta ai
limiti della decenza, con Maurizio Crozza che ha vestito i panni di
esponenti dei diversi schieramenti, e di accenni sinistroidi sparsi
qua e là (uno per tutti: Toto Cotugno che, accompagnato dai coristi russi
dell'Armata Rossa, confessa di avere «nostalgia dell'Unione
Sovietica del passato»).
Ma il pubblico ha gradito? Se si
prendessero in esame soltanto gli ascolti, la risposta sarebbe sì, visto che
nella prima parte sono stati incollati al video oltre 14 milioni di
telespattatori e nella seconda più di 8 milioni, ma sappiamo bene
che l'Auditel è condizionato da tanti fattori: sicuramente la
curiosità di vedere cosa avrebbe combinato sul palco dell'Ariston la
coppia di Che tempo che fa, l'abitudine di seguire ogni anno la kermesse a prescindere dai contenuti e, forse, anche la mancanza di alternative valide sulle altre reti. Più indicative le reazioni per
così dire "tangibili". A cominciare dalle contestazioni
che hanno interrotto l'esibizione di Crozza, dopo che il comico
genovese aveva rappresentato Berlusconi in veste di chansonnier,
intento a cantare un brano, dal titolo “Formidable”, dal testo
obiettivamente offensivo (non tanto per il verso «sono l’eterno
imputable, in primo grado già condannable», quanto piuttosto per quello nel quale il "suo" ex premier si autodefiniva «delle canaglie il re»): dalla platea si è alzato un coro di
proteste, con la parola «Fuori!» ripetuta ad oltranza, fischi e
inviti ad andarsene al grido «no politica stasera, vai via!». Una
vera e propria rivolta, simile a quella che lo scorso anno ha
accompagnato l'intervento di Adriano Celentano, placatasi solo
quando Fabio Fazio ha preso le redini della situazione, chiedendo ai
presenti di lasciare che l'ospite proseguisse la sua parodia - che
prevedeva anche blande prese in giro di altri candidati - e la
sicurezza ha allontanato i contestatori (che però erano ben più dei
due indicati dal conduttore, a giudicare dalla quantità di voci che
risuonavano nel teatro). Okay, molti sono convinti che fosse tutto preparato e che Berlusconi avesse assoldato per l'occasione una "claque", come è stato detto da qualcuno. Può
anche essere. Ma su Twitter e Facebook sono fioccate critiche a non
finire, anche da parte di gente non schierata a favore dell'ex
premier e che malgrado ciò non ha gradito l'eccesso di politica in
una manifestazione che avrebbe dovuto mettere al centro la musica, come era
stato peraltro promesso alla vigilia. Non solo: la serata è stata giudicata
da molti piatta e noiosa, con una conduzione insicura, confusionaria
e, da parte di Luciana Littizzetto, infarcita come di consueto di
parolacce gratuite e volgarità («lei parla prima di pensare, contrariamente
alle altre persone», ha commentato infatti Fazio in diretta).
Nonostante tutto,
però, la serata è stata un successo in termini di ascolti. E allora vedremo cosa si
inventeranno gli autori stasera, per mantenere alta l'attenzione dei telespettatori. Sperando che si ricordino che sono stati chiamati per scrivere i testi del Festival di Sanremo, non di Tribuna politica.
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